Costantino Vincitore, Alessandro Barbero
Spinto dalla mia passione per la storia tardo antica e per l’apprezzamento che ho sempre avuto per l’autore ho appena finito di leggere “Costantino il Vincitore” di Alessandro Barbero. La recensione è lunga, ma vi assicuro il libro lo è di più!
Barbero di sicuro lo conoscete, è ospite fisso di Quark e Ulisse e adesso anche su RAI Storia, ed è un oratore a mio parere fantastico (se avete occasione andate alle sue conferenze o cercatene una su youtube) ma è anche un ottimo scrittore di saggi storici e anche di romanzi.
Di lui ho letto molto, e anche ancora di più attende di essere letto in libreria. Il libro che al momento ho preferito è “Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell'impero romano” un libro affascinante e sorprendente con più di un punto di contatto con la attualità.
La cosa bella di Barbero rispetto a tanti altri saggi storici è il suo continuo uso di fonti primarie che danno un senso di vitalità e concretezza eccezionale ai suoi libri (e ti fanno rimpiangere amaramente di aver praticamente dimenticato tutto quel Latino che ti aveva fatto sputare sangue al liceo). Quando un libro di storia affronta le voci originali è sempre divertente e molto educativo: la legislazione di Costantino in materia di evasione ed elusione fiscale o in materia di corruzione dei pubblici ufficiali letta nel XXI secolo insegna molto, soprattutto che in 2.000 anni non è cambiato nulla (a parte le pene un filo meno cruente del rogo e della crocifissione).
Comunque, tornando a noi, spinto da questi precedenti ho baldanzosamente affrontato “Costantino il Vincitore”. Sono ottocento pagine. Sono ottocento pagine che partono appunto dalle fonti primarie, se vi manca il cuore di affrontare l’analisi testuale delle opere di Eusebio di Cesarea, di Lattanzio o di Zosimo non è il libro per voi. Tenete conto oltretutto che quella è la parte leggera: ci sono interi capitoli dedicati alle epigrafi dei cippi miliari e o su come si possa ricostruire l’attività legislativa di Costantino basandosi sul materiale del Codex Teodosianum o su quello Giustinianeo.
Vi ho spaventato? Bene, non voglio che nessuno si avventuri senza essere cosciente di quello che trova. Insomma non è un libro facile e non è il libro adatto se non avete già letto qualcosa su Costantino, ma detto questo il giudizio finale è che è un libro interessantissimo, rivoluzionario, che vi fa imparare qualcosa di nuovo.
Il libro di Barbero è un libro controcorrente, tenta di ricostruire la figura di Costantino dalle fonti primarie e nel farlo non può far a meno di criticare e falsificare molta della storiografia tradizionale.
Su Costantino vi sono due grandi filoni di pensiero storico.
Costantino è il primo imperatore Cristiano, si è convertito avendo la famosa visione della croce e della scritta In Hoc Signo Vinces prima della battaglia di Ponte Milvio contro il pagano persecutore Massenzio, dopo di che per ringraziare Dio della vittoria fonda numerose Basiliche (a Roma San Pietro e San Giovanni) e promulga l’editto di Milano che dà la libertà di culto ai Cristiani, infine convoca il concilio di Nicea per affermare l’ortodossia e combattere l’eresia Ariana.
O magari avete letto il contrario: Costantino era un furbo cinico che non credeva in niente e che ha scelto una nuova religione per unificare un Impero traballante, e magari modellato lui dall’alto il Cristianesimo facendo definire dogmi e libri sacri.
Nel corso del tempo le due correnti si sono alternate come popolarità a volte cadendo nella più marchiana agiografia altre sfociando nella popolarizzazione romanzata pseudo complottista.
Barbero analizzando passo dopo passo le singole fonti mostra come entrambe le rappresentazioni siano profondamente errate, in molti dettagli semplicemente false.
Il Costantino che noi conosciamo dai libri di storia è in gran parte inventato e l’autore non risparmia le battute salaci sui tanti storici (antichi e moderni) che pur di rimanere fedeli alla figura mitica del Costantino eroe Cristiano (o il suo contrario) hanno dovuto piegare i fatti alle opinioni, ignorandoli, modificandoli, interpretandoli o magari direttamente inventandoli e dando per fatti certi deboli ipotesi.
Su Costantino abbiamo molte fonti ma ben poche certezze storiche, sappiamo che i racconti dei panegiristi a lui contemporanei, su cui ci basiamo (soprattutto quelli Cristiani: Eusebio di Cesarea e Lattanzio per primi) non corrispondono con molti dei fatti noti, e la cosa non meraviglia: tutti questi autori hanno l’obbiettivo esplicito di lodare l’Imperatore e attribuirgli qualsiasi cosa buona e positiva e scaricare su altri qualsiasi cosa malvagia (insomma immaginate un giornalista RAI, ma con uno stile e una capacità letteraria molto maggiore).
Barbero fonte dopo fonte distrugge la figura del santo scolpito nel marmo, ma bidimensionale e, astenendosi dal trarre lui stesso esplicite conclusioni, lascia parlare il suo lavoro e dall’analisi dei documenti emerge un'altra figura questa volta tridimensionale, di luci e ombre, un personaggio gigantesco e spesso contradittorio.
Traendo le mie conclusioni alla fine della lettura il pensiero che mi ha più colpito è stato che malgrado Costantino sia principalmente ricordato per la sua politica religiosa, non credo proprio che lui la considerasse una parte importante della sua politica, o che anche solo immaginasse che sarebbe stato ricordato per la sua “privata” simpatia per il Dio Cristiano (Per privato ovviamente bisogna ovviamente intendere quanto possa essere “privato” l’atteggiamento di un Monarca Assoluto).
Quali sono i principali “miti” che possiamo sfatare su Costantino?
L’Editto di tolleranza di Milano è stato rivoluzionario. In verità no. Nella sfera pubblica già Massenzio e Licinio e (più controvoglia) Galerio avevano già raggiunto la conclusione che perseguitare in Cristiani era quanto meno inutile. La nostra fissazione su una presunta svolta è proprio dovuta alla distorsione delle fonti a lui contemporanee che per definizione non possono far ricadere questi meriti sui rivali sconfitti, ma li devono attribuire tutti per forza unicamente all’imperatore in carica.
Oltretutto se proprio vogliamo parlare dell’Editto di Milano di Costantino dobbiamo dire che in realtà non è un Editto, non è stato emesso a Milano, non è di Costantino e non riguarda i Cristiani. Quello che noi abbiamo non è in realtà un editto (ovvero una vera legge, ma è qualcosa di più simile a una circolare ministeriale), è stato emesso a Nicomedia da Licinio, e dà la libertà di culto non solo ai Cristiani, ma a tutte le altre religioni perseguitate in passato (altro mito è che le persecuzioni fossero solo contro i Cristiani, per esempio anche i Manichei furono perseguitata da Diocleziano). Quindi perché si parla di Costantino? Beh il documento porta, come da prassi Tetrarchica, anche il nome di Costantino (in seconda posizione dopo Licinio), a valle della definitiva vittoria di Costantino come mai si poteva ammettere che la tolleranza dei Cristiani fosse stata proclamata da un Tiranno sconfitto e definito persecutore, e non ci fosse traccia di un atto analogo del beneamato e benemerito Imperatore regnante? Semplice bastava ipotizzare che l’editto / non editto fosse stato deciso a Milano dove Licinio e Costantino si incontrarono nel 313, anzi che ovviamente fosse stato il buon Costantino a convincere il malvagio Licinio. In duemila anni di ripetizioni l’ipotesi senza nessun riscontro è diventato un fatto indubitabile e cosi una circolare di Licinio emessa a Nicomedia è diventato nella mente di tutti un Editto di Costantino promulgato a Milano. Le fake news non sono cosa moderna.
Possiamo anche soffermarci sull’affermazione che Costantino si convertì prima della battaglia di Ponte Milvio a seguito della famosa visione della Croce infuocata. In verità un fatto simile non è riportato da nessuna fonte. Le fonti agiografiche descrivono due fatti separati: una visione celeste in cui Costantino e l’esercito in Gallia vedono in cielo una XP (il Cristogramma, non la croce) e un sogno prima di Ponte Milvio in cui vede di nuovo il Cristogramma e la scritta in Hoc Signo Vices. L’unione dei due fatti è una rielaborazione alto medioevale. Che anche qui dopo secoli di ripetizione è diventata storia
Oltretutto dobbiamo ricordarci che ogni generale romano che si rispetti prima di una battaglia aveva (o almeno dichiarava) di aver avuto visioni, sogni e presagi positivi e Costantino non era certo di meno.
Sempre nella profusione di fonti messe a disposizione da Barbero di visioni costantiniane ne troviamo a bizzeffe. Atena e Apollo erano in pratica di casa nella sua tenda quando era sul campo. Per far capire cosa si trova realmente nei testi ufficiali su cui si basa la ns conoscenza storica il mio racconto preferito è il seguente: prima di una battaglia sul Reno appare a Costantino e all’esercito non un Dio qualunque, ma il suo il defunto padre, il Divo Costanzo Cloro e non da solo! Appare accompagnato da un intero esercito di anime dei suoi vecchi legionari, che si schierano in prima linea al fianco dei vivi e con il terrore della loro presenza sconfiggono i barbari (insomma una battaglia dei campi di Pelennor antelitteram, se avete letto Tolkien)!
Barbero si diverte ironicamente a citare tanti rispettabili storici veloci a scontare (ovviamente) le apparizioni pagane come semplici esagerazioni o legende, ma che impiegano pagine e pagine di contorti ragionamenti e di arrischiate interpretazioni di esotici fenomeni atmosferici e astronomici per tentare di salvare la storicità delle uniche due apparizioni di matrice cristiana.
Allo stesso modo possiamo anche escludere alcune dei più radicati miti che dipingono Costantino come il cinico autocrate che coscientemente modellò e snaturò il Cristianesimo per farlo diventare il collante delle nuova struttura imperiale (se poi fosse vero, basta ricordare le tumultuose lotte tra Nestoriani, Monofisiti, Ariani per giudicare l’idea come fallimentare!).
Costantino convocò il Concilio di Nicea (e pago pure conto e piè di lista) era il suo ruolo come sia patrono del Cristianesimo sia come Pontefice Massimo che regolava tutta la vita religiosa dell’Impero, ma se leggiamo i testi (non apocrifi) abbiamo una sorpresa, nella sue lettere la cosa che lo rallegra di più è la definizione di un metodo unico per tutte le chiese dell’impero per calcolare la data di Pasqua!
E la disputa ariana? il credo? L’omousia e l’omoiusia? Tutte quelle belle dispute che riempiono i libri di storia della chiesa? Anche qui abbiamo le sue stesse parole in una lettera ai padri conciliari: sono finezze filosofiche per spezzare il capello in quattro, che fanno venire il male di testa ai normali fedeli solo a pensarle, e su cui oltretutto mai potremmo sapere quale sia la verità. I vescovi dovrebbero astenersi da litigare su inutili elaborazioni simili che confondono il gregge dei fedeli e andare d’accordo in pace senza causare discordia e scandalo.
Quindi non fu lui a scegliere i dogmi della chiesa? Basta guardare i fatti per capire le sue simpatie: a valle del concilio di Nicea, Costantino richiamò l’eretico condannato Ario e convoco un nuovo concilio a Tiro che pensò bene di riabilitarlo e spedire in esilio a Treviri Sant’Atanasio di Alessandria dottore della chiesa e sostenitore del dogma della consustanzialità del Padre con il Figlio. Unite a ciò il fatto che teneva come consigliere a corte Eusebio di Nicomedia (braccio destro di Ario) e che in punto di morte si fece battezzare proprio da questi e la risposta è piuttosto chiara: Costantino era un sostenitore di Ario non certo della Ortodossia che ha fatto la storia.
I successivi autori ortodossi sono talmente in imbarazzo da fatti così evidenti da non poter essere cancellati da dover mettere in piedi contorte spiegazioni su come il buon Imperatore avesse come unico difetto la sua eccessiva bontà e tolleranza e che non riusciva a sopportare l’idea di punire neppure i malvagi eretici (glissando che fece uccidere Moglie e figlio primogenito...).
Costantino di sicuro era Cristiano, ma non lo divento subito, di certo non si convertì di colpo alla vigilia di Ponte Milvio, il suo fu un percorso lungo che lo portò negli ultimi anni della sua vita ad essere “in un certo senso” Cristiano. Cristiano sì, ma in maniera molto differente da come definiamo adesso essere Cristiani.
Questo non solo per la differenza storica (spesso sottovalutata) tra il nostro Cristianesimo e quello antecedente ai grandi concili ecumenici, cioè prima che venissero definiti (o anche solo pensati) i dogmi che un Cristiano moderno trova scontati, ma anche per il semplice fatto che Costantino non era un normale essere umano. Era l’Imperatore, l’Autokrator. Noi uomini moderni pensiamo che convertirsi significhi accettare qualcosa di superiore ed esterno, cambiare se stessi (lo dice parola stessa). Costantino non credo cambiò se stesso, non accetto qualcosa di esterno, il Cristianesimo non portava un valore a LUI, LUI portava valore al Cristianesimo.
Costantino era un Politeista romano, abituato a cercare protezione dagli dei e a trattare con loro. Io credo che si sentisse sicuramente favorito dal Dio Cristiano, ma non credo fosse “monoteista” come un uomo moderno, anzi molto personalmente penso che la sua visione, per gran parte della sua vita, fosse rimasta più enoteista che altro.
Pubblicamente favoriva i cristiani con donativi e una fiscalità di favore, prendeva a corte vescovi (come Eusebio d Nicomedia e Eusebio di Cesarea), costruiva chiese (il Santo Sepolcro e la Natività ad esempio, mentre come accennavo prima non abbiamo prove invece abbia realmente costruito lui le basiliche romane), rese l’essere Cristiano non solo conveniente, ma anche molto trendy e queste dimostrazioni di favore sembrano man mano rafforzarsi col passare degli anni.
Ma d’altra parte non possiamo ignorare che ha finanziato anche la costruzione del Tempio di Giove Capitolino a Costantinopoli, e che la monetazione costantiniana è singolarmente priva di simboli cristiani (anche se man mano spariscono anche quelli pagane), allo stesso modo nel suo arco di trionfo a Roma non c’è un solo segno che faccia remotamente cenno al cristianesimo (malgrado erculei sforzi interpretativi degli storici che in entrambi in casi che tentano di spacciare il minimo graffio isolato come un croce o cristogramma).
Per fare un esempio di come sia sfumata la situazione: a Costantinopoli, la sua capitale, al centro del foro che portava il suo nome venne innalzata una colonna trionfale (che esiste ancora), nel cui basamento, a protezione della città, la leggenda dice che vennero nascosti dei frammenti della vera croce… e il Palladio (la sacra statua di Atena che Enea avrebbe salvato dalla distruzione di Troia e portato nel Lazio) e in cima alla colonna vegliava una statua dell’Imperatore… rappresentato nelle vesti di Apollo Helios. Gli storici si affannano a negare che Costantino abbia mai condotto una politica sincretica, ma io non saprei come definirla altrimenti.
Voi mi direte, ma come si conciliava questa posizione dell’Imperatore con la fede dei cristiani di cui si circondava. Non è una aperta contraddizione? Si certo lo è, non ci sono dubbi, ma non credo proprio che qualcuno avesse l’ardire di andare a farlo notare a “Imperator Caesar Flavius Valerius Aurelius Constantinus Augustus Pius Felix Victor Maximus”. No queste cose non gliele vai dire a qualcuno che ha fatto fuori senza troppi problemi moglie e figlio primogenito.
Nei secoli successivi Costantino verrà man mano trasformato in santino bidimensionale, le contraddizioni appianate sotto una spessa mano di intonaco, o quanto meno in uno strumento del destino. Tutte descrizioni poche adeguate a cogliere la profondità e i limiti del personaggio.
Per capire le dimensioni del personaggio due aneddoti veloci:
Costantino è l’unico essere umano ad essere sia un Santo Cristian
o (almeno per la Chiesa Ortodossa) sia una Divinità Pagana (alla morte ultimo tra gli imperatori romani, il Senato decretò la sua Apoteosi).
Costantino ha anche un altro paradossale record: è l’uomo che nella storia ha provocato la morte di più imperatori romani: Massimiano (che era suo suocero), Massenzio (che era il cognato), Bassiano, Valente, Martiniano, Licinio (cognato anche lui, marito della sorella) e Liciniano (nipote, figlio della sorella), senza contare il suo stesso figlio primogenito, Crispo, che aveva nominato Cesare e associato al trono (l’unico possibile concorrente a questo invidiabile Guinness è Settimio Severo, se non vogliamo considerare imperatori anche i Cesari Tetrarchici).
Un personaggio simile non era un santo, anzi probabilmente era un megalomane e non mi sarebbe piaciuto frequentarlo (osservate i tratti severi e ispirati della sua testa colossale a Palazzo dei Conservatori), non era forse nemmeno un cinico come sostengono altri (forse nemmeno un rozzo babbeo come invece scrive suo nipote Giuliano). Era una persona complicata che ha fatto la storia.
Questo libro ci aiuta a recuperarlo e capirlo meglio.
Leggetelo se potete, ripeto è un libro che da cui si può imparare, e questa è merce rara.
PS e finita questa la prossima lettura deve essere decisamente più leggera… un romanzo agile e veloce! Qui è stata una impresa anche solo buttar giù la recensione!
Commenti