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Oggi per quanto possa
risultare strano, per chi mi conosce, voglio parlare di due Sante. Santa
Pulcheria e Santa Eudocia.
Nomi particolari vero? Che
sanno di antico. Ed è così. Sono due sante ben poco conosciute dal grande
pubblico, eppure, forse vi meraviglierà, sono due sante che sono state
fondamentali per lo sviluppo del cristianesimo. Senza di loro probabilmente la
religione cristiana sarebbe molto diversa, senza di loro probabilmente la
storia del mondo sarebbe stata molto differente. E non sarà l’unica cosa a
meravigliarvi di questa storia. Non scherzo.
Prima di andare avanti,
però, facciamo quello che andrebbe sempre fatto e permettetemi di elencare le
fonti su cui baserò questi paragrafi:
La fonti principali sono
due piacevolissimi libri di John Philip Jenkins:
“Jesus Wars: How Four Patriarchs, Three
Queens, and Two Emperors Decided What Christians Would Believe for the Next
1,500 Years” e “The Lost History of Christianity: The Thousand-Year Golden Age
of the Church in the Middle East, Africa, and Asia--and How It Died”.
A cui va aggiunto “Storia
della Chiesa nella tarda antichità” di Ewa Wipszycka.
A queste povere pagine
hanno contribuito anche vari libri di storia del cristianesimo (per lo più Bart
Ehrman per chi vuole andare sulle cose serie e il divertentissimo “Libro Nero
delle Eresie” di Clemente per chi non ha pazienza) e di storia tardo romana e
bizantina (tra cui citò per leggibilità Norwich e Nicol e il “The Palgrave
Atlas of Byzantine History” di John Haldon e, naturalmente, “Figure Bizantine”
di Diehl).
Ma iniziamo dalla nostra
prima Santa, Pulcheria. Un personaggio che sarebbe finito sui libri di storia
anche se non fosse stata canonizzata: Elia Pulcheria, nipote di Teodosio I il
Grande, figlia di Arcadio, sorella e reggente di Teodosio II, Imperatrice lei
stessa come moglie di Marciano, dominò la vita dell’Impero per più di 40 anni.
Nel 414, si presume che
avesse 15 o 16 anni, Pulcheria prese la reggenza dell’Impero Romano d’Oriente
per conto di suo fratello ancora bambino Teodosio II. I cronisti ci raccontano
grandi meraviglie su di lei: bella quanto intelligente, colta quanto pia… ma si
sa sono cronisti ed è il loro lavoro incensare chi li paga. Ci sono comunque pochi
dubbi che malgrado la sua età fosse una donna furba e capace, abbastanza
scaltra da far voto pubblico di castità per eliminare la possibilità che
qualche ambizioso generale potesse sperare di accedere al trono sposandola (e
in special modo l’Alano, e peggio Ariano, Magister Militum Aspar,).
Teodosio II raggiunse la
maggiore età nel 416, ma l’influenza della sorella rimase fortissima, in
special modo il suo dominio della corte, che, sempre i nostri cronisti
raccontano, aveva trasformato in un vero monastero.
La religiosità di
Pulcheria era evidente e speciale la sua devozione alla Madonna (con sfumature preoccupantemente
gnostiche), una vera ossessione che le faceva costruire chiese e raccogliere
reliquie mariane, se l’imperatore era il Vicario di Cristo in terra, lei si definiva
la Sposa di Cristo, Protettrice della chiesa e durante la messa superava
l’Iconostasi per prendere la comunione nel sanctum come lo stesso imperatore,
lei, una donna!
Una donna pia sicuramente,
ma anche autrice di opere, che per la nostra mentalità, lo sono un po’ meno:
tipo l’esclusione dei pagani dagli incarichi di corte e l’espulsione degli
ebrei “deicidi” da Costantinopoli, ahimè l’antisemitismo ha radici
antichissime.
La maggiore età di
Teodosio comportava però un altro passaggio fondamentale, il matrimonio e,
sperabilmente, la generazione di un erede, e qui entra in campo la nostra
seconda Santa.
Non si sa bene come, la
allora chiamata, Atenaide sia arrivata a corte: le cronache raccontano che,
alla morte del padre, i fratelli la avessero spogliata dell’eredità e lei era
andata a Costantinopoli a presentare una petizione e a chiedere giustizia e qui
durante l’udienza aveva fatto innamorare il giovane Teodosio e incantato tutta
la corte.
Suona tanto come la favola
di cenerentola ed è un topos talmente diffuso da essere probabilmente realmente
solo una favola. Magari Atenaide arrivò a corte proprio per essere esaminata e
selezionata come possibile sposa imperiale. Non era inusuale che, a questo
scopo, nella tarda antichità, si tenessero delle vere e proprie selezioni, che
radunavano dalle provincie fanciulle in età da marito note per le loro doti per
scegliere la più adatta come consorte per l’imperatore o per alti aristocratici
di corte.
Qualunque cosa sia
accaduta, Atenaide spiccava per bellezza e fascino (i nostri soliti cronisti) e
per cultura ed eleganza, era in fin dei conti figlia del filosofo Leonzio, lo
Scolarca dell’Accademia Platonica di Atene e venne scelta dalla stessa Elia
Pulcheria.
Atenaide aveva un solo difetto,
era, come il padre, pagana, ma era un problema risolvibile, sotto la guida di
alcuni monaci siriaci adeguatamente catechizzata e venne battezzata subito
prima del matrimonio con il nome di Eudocia, la retta dottrina. Mai nome fu più
foriero di disastri.
È sicuramente un detto
estremamente maschilista, ma si dice che mettere sotto lo stesso tetto moglie e
cognata sia una buona ricetta per provocare liti. Maschilista o no, io penso
che sia vero (e mi prendo la piena responsabilità della mia affermazione), e se
è un problema nelle case dei comuni mortali, nei Sacri Palazzi sul Bosforo la
cosa minacciava veri disastri.
Se Pulcheria sperava di
aver trovato una fanciulla docile, manovrabile e grata per l’occasione di
entrare nella famiglia imperiale, si stava sbagliando.
Le cronache non ci sono
molto di aiuto, o sono smaccatamente di parte oppure tentano di glissare e
tacere i dissidi, cosi non sappiamo come iniziò. Magari, mi diverte pensare, fu
una questione di precedenze: chi doveva passare per prima? La Augusta Porfirogenita,
nipote, figlia e sorella di Imperatori, o la giovane consorte Imperiale? Da lì
si sarà poi passati a discordie su chi favorire sulle nomine di corte: una
disputa sul nome di un Sacellario, o di un Silenziario o magari del
Protosebasto, chissà.
Comunque, la giovane
Imperatrice fletteva i muscoli e allargava la sua influenza, in aree
precedentemente dominio assoluto della cognata. Di certo sappiamo che se
Pulcheria era rigidamente anti pagana e anti ebraica, la cultura ellenistica in
cui era stata immersa fin da giovane portava Eudocia / Atenaide ad essere più
tollerante e ad atteggiarsi a loro protettrice. Alla fine, la rottura, lo
scontro aperto, era inevitabile.
Nel Dicembre del 427,
moriva Sisinio I il patriarca di Costantinopoli e bisognava nominare il suo
successore. I due partiti di corte erano pronti alla battaglia per indirizzare
la scelta di Teodosio II.
Qui però dobbiamo
fermarci, fare pausa, e spiegare come fossa organizzata la chiesa nel V secolo.
In maniera molto diversa dalla chiesa moderna.
Ogni città aveva il suo
Vescovo, ogni provincia imperiale aveva il suo Metropolita e il mondo
conosciuto (ovvero l’impero) era suddiviso in 5 patriarcati: Roma, Costantinopoli,
Alessandria d’Egitto, Antiochia di Siria e Gerusalemme (la Pentarchia). Al di
sopra tutto il Vicario di Cristo in terra, l’Imperatore.
Illudersi che il sistema
funzionasse senza intoppi e senza contrasti significa ignorare la natura umana
e le ambizioni terrene, diffuse anche dove si pensa al divino e tra i 5
Patriarcati vigeva un delicato ed instabile equilibrio politico.
Gerusalemme era di sicuro
il Patriarcato meno importante, per lungo tempo solo un titolo onorario,
addirittura sottoposto all’autorità del Metropolita di Cesarea, ma tra gli
altri le rivalità fiorivano.
La dottrina era guidata
dalle ricche Alessandria e Antiochia, le sedi delle due principali scuole
teologiche. Ovviamente in contrasto, Antiochia si basava sulle fonti dirette del
pensiero ebraico e siriaco enfatizzando l’importanza del testo e delle sue
origini storiche, Alessandria arricchiva la sua teologia con il pensiero
ellenistico e misticheggiante (e, per i suoi oppositori, un po’ troppo
gnostico).
A occidente Roma era in teoria
il primo tra i Patriarchi, ma pativa il suo isolamento geografico e linguistico
(i vangeli e la teologia erano di base greci), e la decadenza dell’impero
d’occidente.
Costantinopoli era
l’ultimo venuto, il parvenu ambizioso, la sua discendenza apostolica poteva
addirittura sollevare dubbi (sussurrati con cautela), ma era la ricca capitale
imperiale, il centro del potere politico. Se gli altri patriarchi dovevano
inviare messi e ambasciatori, quello di Costantinopoli aveva, il dubbio e
pericoloso, privilegio di avere accesso continuo all’Imperatore.
Teodosio II scelse come
nuovo Patriarca di Costantinopoli il candidato favorito dalla moglie Eudocia,
un monaco siriano, allievo del famoso Teodoro di Mopsuestia, Nestorio.
Era la sconfitta di
Pulcheria e del potentissimo e ambizioso patriarca di Alessandria, Cirillo.
Un altro detto molto
saggio recita che i nemici andrebbero scelti con cura persino maggiore di
quella con cui si scelgono gli amici: Nestorio e Eudocia avevano scelto quelli
sbagliati.
La crisi che avrebbe
segnato la sorte di Nestorio ed Eudocia e incidentalmente definito i dogmi
della chiesa cristiana e cambiato il mondo era fondata nel principale problema cristologico,
quello che è tuttora un mistero della fede, e il suo più grande paradosso: qual
è la natura del Cristo, come si fondono e come si relazionano in lui la natura
umana e quella divina?
Se il problema è enorme e
millenario, la scintilla fu banale ed estemporanea: un’omelia di Anastasio, uno
dei monaci siriani arrivati a Costantinopoli nel seguito del nuovo Patriarca.
Con grande scandalo dei
fedeli Anastasio rimproverò la gente semplice che definiva la Madonna Theotokos,
madre di Dio, come poteva essere la “madre” di Dio, esistente dall’inizio dei
tempi? Piuttosto andava definita Theodochos, colei che riceve Dio (e sì ai
teologi piacevano tanto questi giochetti di parole).
Scoppiò uno scandalo, e
probabilmente una piccola sommossa, e Nestorio, un tipetto che di certo non
mancava di arroganza e sicurezza di sé, intervenne a difendere il suo monaco: aveva
capito di essere poco amato dal clero costantinopolitano, che lo vedeva come un
intruso e temeva che smentire un suo stretto collaboratore avrebbe solo incoraggiato
i suoi nemici. Inoltre, teologicamente non poteva essere più corretto quello
sostenuto da Anastasio, Maria era stata uno strumento di Dio, non la sua
creatrice, la definizione di Madre di Dio, ricordava troppo passati culti
pagani: Cibele, Iside.
Teologicamente forse
aveva ragione, ma toccare, anche di striscio la Madonna, non porta mai fortuna
ai teologi, andatelo a chiedere ad Anselmo d’Aosta.
Pulcheria e Cirillo non
aspettavano altro.
Cosa erano queste
distinzioni? Nestorio stava forse distinguendo tra la natura divina e quella
umana del Cristo? Presupponeva natura diverse? Si tornava addirittura ai tempi
dell’eretico Ario? Era apollinariano? O forse, addirittura metteva in dubbio la
divinità di Cristo come gli adozionisti e gli ebioniti?
Si trattava in gran parte
di caratterizzazioni e forzature, alcuni lavori originari di Nestorio
riscoperti alla fine del XIX secolo sembrano indicare, una posizione molto più
moderata ed “ortodossa” si quella che è passata alla storia, ma, si sa, la
storia la scrivono i vincitori e sono loro che ci hanno tramandato la loro
versione della dottrina del loro avversario nei loro scritti.
La polemica non si fermò,
anzi. Nestorio, come dicevo, non era il tipo di fare passi indietro, o di
raggiungere compromessi (e meno che mai con gli odiati alessandrini) e a
Cirillo andava benissimo così, ogni occasione era buona per attizzare le
fiamme.
Abbiamo addirittura delle
lettere di Teodosio II indirizzate a Cirillo, in cui lo rimprovera e gli chiede
di smettere di scrivere missive che provocano discordie nella famiglia
imperiale e nel palazzo. Imperatore, ma con problemi molto familiari, non lo
invidio.
Mentre Teodosio provava a
calmare le acque convocando una commissione di vescovi da tenersi a al più
presto e, presumibilmente, evitava di trovarsi nella stessa stanza insieme a
moglie e alla sorella, Cirillo capì che non poteva far cadere la questione e
lasciare che si prendesse tempo, sapeva bene che le “commissioni”, da quando
sono state inventate, servono solo per avere il tempo di strangolare buone idee
mettere a tacere i problemi: scrisse al Patriarca di Roma, Celestino,
spiegando, a suo modo c’è da supporre, la discordia e il problema (“simile alla
putrida piaga di Apollinare e di Ario. Ché mescolano l'unione del Signore
nell'uomo con una confusione di una sorta di miscuglio”), e pregandolo di
intervenire, come Primus Inter Pares e saggio padre della chiesa.
Celestino capì
esattamente cosa stava succedendo e il cuore della questione? Io ho dei dubbi e
li aveva anche lo stesso Cirillo, che lo riteneva un teologo piuttosto scarso,
ma la realtà politica era chiara: Roma non avrebbe perso una occasione perfetta
per ridimensionare la rivale Costantinopoli, la città che pensava di essere il
nuovo centro del mondo e di poter usurpare il primato della sede di Pietro.
La risposta romana fu
rapida e cristallina ed esattamente quella che Cirillo si aspettava: l’insegnamento
di Nestorio era errato e aveva dieci giorni per fare abiura e correggersi, pena
la scomunica, peggio, ad offesa finale delegò proprio Cirillo a scomunicarlo in
caso di mancata accettazione.
Cirillo non perse tempo e
riscrisse a Nestorio intimandogli di abbandonare le sue affermazioni e di
accettare il concetto di Unione Ipostatica così come concordato da Alessandria
e Roma, alla lettera allego l’appendice dei 12 anatemi che fu poi la base del
concilio di Calcedonia e il fondamento del dogma cattolico e ortodosso odierno.
Per Teodosio il problema
era grave, e non solo per la discordia che provocava tra le donne della sua
famiglia. Costantinopoli era in subbuglio sia per la disputa stessa, sia per i
metodi spicci con cui Nestorio, che si stava dimostrando ogni giorno sempre più
intransigente, si stava occupando dei sui oppositori religiosi o laici: le
bastonature, gli arresti erano all’ordine del giorno, gli assassini non
mancavano.
Fosse stato per lui,
Teodosio, si sarebbe liberato sia di Nestorio che di Cirillo, ma estromettere
il primo avrebbe significato mettere in dubbio la saggezza e l’opportunità
della sua stessa scelta e della sua nomina e questo non era accettabile. D’altra
parte, anche il secondo era intoccabile, il Patriarca di Alessandria era una
potenza in Egitto, in grado di sfidare l’autorità imperiale e non c’erano dubbi
che agire contro di lui non sarebbe stato privo di conseguenze, forse una
aperta rivolta della provincia.
La soluzione gli venne
offerta dall’unico punto che accomunava i due rivali: la richiesta di un
concilio ecumenico.
Lo indisse, a Efeso, da
tenersi nel giugno del 431. Il Terzo concilio Ecumenico dopo Nicea e
Costantinopoli.
Cirillo era sicuro
dell’appoggio di Roma, di Pulcheria (che vedeva nell’attacco di Nestorio alla
Vergine Maria una chiara critica alla sua personale spiritualità) e di molti
Vescovi dello stesso Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre Efeso era un
terreno ideale, sia simbolicamente, la città in cui si raccontava fosse ascesa
al cielo la Madonna, che politicamente, un’antica sede di tradizione apostolica
che aveva dovuto anche lei cedere il passo alla arrogante Costantinopoli.
Anche Nestorio si sentiva
sicuro, era certo delle sue opinioni e della forza dei suoi ragionamenti, e
contava di avere alle sue spalle tutto il patriarcato di Antiochia, e contava
anche sull’appoggio dello stesso Teodosio (capiva bene come una sua deposizione
sarebbe stato un colpo al prestigio imperiale).
Il lettore non deve
pensare che la parola “Concilio” debba far supporre qualcosa di organizzato o
strutturato, i Vescovi arrivarono alla spicciolata e, fatalmente per le
speranze di Nestorio, il Patriarca di Antiochia con i suoi si attardò per la
strada, mentre invece Cirillo e il suo seguito furono presenti dai primi
giorni.
Non vi staro a tediare
con le questioni teologiche che vennero affrontate e che furono loro stesse tanto
raffinate quanto secondarie, la battaglia si svolse principalmente in punta di
diritto procedurale.
Cirillo partì subito
all’attacco: Nestorio era già stato scomunicato da lui e dal patriarca di Roma,
era inutile sentirlo bastava ratificare quanto già fatto. Il delegato
imperiale, il Patrizio Candidiano, gli replicò che la convocazione Imperale
soprassedeva qualsiasi atto dei patriarchi e quindi andavano riascoltate tutte
le parti in causa.
Cirillo allora provò ad
accelerare i tempi per approfittare del ritardo dei vescovi siriani alleati di
Nestorio, venne bloccato anche qui da Candidiano che, quando la situazione si
iniziò a scaldare in maniera eccessiva, non si fece problemi a far intervenire
le truppe che aveva a disposizione.
Ecco, Candidiano è un
altro personaggio che non invidio per niente. Alla storia, scritta dai
vincitori, è passato come un uomo di parte, schierato col malvagio eretico
Nestorio, ma in verità ad un esame più approfondito i suoi interventi sembrano
dettati decisamente dal tentativo di rimanere imparziale e mantenere l’ordine
pubblico. Cirillo e gli Egiziani erano noti essere anche loro disposti di
sistemare le faccende in maniera rapida e spiccia, con una bastonatura o un
provvidenziale linciaggio e lo stesso Nestorio aveva espresso preoccupazione
per la sua sicurezza.
Il concilio ondeggiava
sull’orlo del caos, i Siriani non arrivavano, il caldo in città aumentava e i
Vescovi volevano sbrigarsi, il Vescovo di Efeso, Mennone, si schierò
apertamente dalla parte di Cirillo e impedì ai sostenitori di Nestorio l’accesso
alla comunione, aizzando la folla.
Nestorio si rifiutò di
partecipare ulteriormente ai lavori e si rifugiò nel palazzo del governatore
protetto dai soldati di Cadidiano. Intanto Cirillo ottenuto l’appoggio anche di
Giovenale Patriarca di Gerusalemme e rimasto in controllo dei vescovi riuniti fece
passare una nuova mozione di scomunica.
A fine mese arrivò
finalmente il Giovanni il patriarca di Antiochia, che vista la situazione, tanto
per aumentare la confusione dei poveri storici delle epoche successive, radunò
i suoi seguaci e quelli di Nestorio in un'altra sede e pensò bene di deporre e
scomunicare a sua volta Cirillo, Mennone e Giovenale.
Per tentare di risolvere
la situazione Candidiano si rivolse all’Imperatore, che alla fine diede ordine
a tutti i vescovi presenti in città di riunirsi “insieme” e trovare una
soluzione “pacifica”, ma fu l’arrivo dei delegati Romani a sbloccare la
situazione. Con loro Cirillo riprese in mano la situazione e tra le proteste
dei siriani riuscì a far confermare la scomunica di Nestorio e a far passare,
pure, la deposizione di Giovanni di Antiochia, poi, tanto per metterci pure del
suo, nel caos che ne seguì Candidiano fece arrestare Cirillo.
La palla tornò quindi in
mano al povero Teodosio II che si trovò costretto a scegliere se ratificare i
risultati di uno dei due “concilii” o l’arresto di Cirillo.
Mentre a corte
continuavano le faide, nelle strade c’erano scontri e Teodosio valutò se era il
caso di ratificare veramente tutto e pure di più: via Nestorio, via Giovanni,
ma anche via Cirillo, Mennone e Giovenale. L’idea di fare piazza pulita deve
essere sembrata attraente, ma alla fine messo sotto pressione, accettò la
scomunica e la deposizione del solo Nestorio.
Nestorio venne esiliato
prima confortevolmente nella sua Siria, poi in Arabia e infine a finire i suoi
giorni prigioniero nel deserto egiziano nella terra dei suoi avversari, chissà
se si sarà consolato vivendo fino a tarda età nell’osservare la successiva
rovina dei suoi nemici a Calcedonia.
Molti dei suoi seguaci si
rifugiarono oltre confine, in Persia, dove i Sassanidi sfruttarono
immediatamente l’opportunità di avere una chiesa cristiana non legata ai rivali
romani e nacque la chiesa Nestoriana, il Patriarcato di Seleucia-Ctesifonte, che
per secoli prosperò per tutta l’Asia.
Nel frattempo, deposto
Nestorio, a essere nominato Patriarca a Costantinopoli fu Proclo amico di
Cirillo e il gran protetto di Pulcheria. Avevano vinto la battaglia.
Negli anni successivi la
posizione di Eudocia si andò via via erodendo, in particolare dopo la morte
dell’unico figlio maschio, Arcadio, ma i giochi sembrarono riaprirsi con l’arrivo
a corte di un nuovo giocatore, l’eunuco Crisafio, il nuovo favorito
dell’Imperatore, il nuovo rivale di Pulcheria.
Eudocia si alleò col
nuovo astro nascente, pur di colpire la sua rivale di sempre, e i due
riuscirono a convincere Teodosio II a confinare Pulcheria nel palazzo della Magnaura,
alla periferia di Costantinopoli, dove avrebbe potuto condurre la sua vita pia
e ascetica senza le distrazioni della corte.
Inutile dirvi che non
finì così, liberatosi di Pulcheria, Crisafio eliminò anche Eudocia, facendola
accusare di adulterio ed esiliandola in Palestina.
Le due grandi rivali non si
sarebbero più re-incontrate, anche se avrebbero avuto occasione di parteggiare
nuovamente per parti averse durante il nuovo famigerato concilio di Efeso (il
cosiddetto Brigantaggio di Efeso), ma da lontano, entrambe senza più il potere
di un tempo.
Eudocia finì i suoi
giorni in esilio vivendo tra Gerusalemme e Betlemme, finanziando la costruzione
di chiese, scrivendo pregiati versi in greco classico e agendo come protettrice
degli Ebrei. È sepolta nella basilica di Santo Stefano a Gerusalemme, fatta
costruire da lei, ed è una Santa sia per i Cattolici che per gli Ortodossi.
Pulcheria… no Pulcheria
non si fermò lì, alla morte di Teodosio lasciò il suo ritiro, sposò (a
condizione che rispettasse comunque la sua castità) il generale Marciano e salì
al trono al suo fianco. Ultima della dinastia Teodosiana a regnare in Oriente.
Crisafio morì poche
settimane dopo, convenientemente linciato da una folla inferocita, a questo
punto non credo la cosa vi sorprenda, e Pulcheria provvide rapidamente a
vendicarsi di tutti gli altri suoi nemici e avversari, e anche questo, direi,
non vi dovrebbe più cogliere di sorpresa.
Furono i suoi vecchi
amici Alessandrini che si erano schierati con Crisafio a subire la sua ira. Fu
il concilio di Calcedonia, fu la sconfitta del patriarcato di Alessandria, fu
lo scisma monofisita.
Ma quella di Eutiche,
Dioscoro e Flaviano è ovviamente un'altra storia, da raccontare magari un'altra
volta, se avete gradito questa, ma vi assicuro è molto meglio di qualsiasi cosa
uno sceneggiatore hollywoodiano sia in grado anche solo di immaginare.
Una serie di 20 puntate
solo sui Concili Ecumenici ecco cosa dovrebbe fare la HBO. Altro che Game of
Thrones.
Ah! Come vi dicevo anche Pulcheria
è una Santa. 10 settembre. E forse questo vi sorprende, adesso che la conoscete
un po’ meglio.
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