Tra i tanti obiettivi che Putin voleva raggiungere ce n’è uno che ha pienamente raggiunto. Uno tra più ambiziosi: cambiare gli equilibri mondiali. Anche se non nel modo che sperava.
Putin sperava di riconquistare un ruolo di primo piano per la Russia e nel contempo di distruggere la NATO. Terrorizzando gli Europei e usando l’influenza dei suoi fiancheggiatori, su cui aveva “largamente investito” (parole usate da Alessandro Orsini già nel 2018), cito in pratica il suo discorso di inizio guerra e il famigerato articolo di celebrazione della vittoria della RIA Novosti .
Gli Europei divisi sarebbero magari caduti sotto l’influenza russa uno a uno, arrivando alla situazione immaginata nei deliri di Aleksander Dugin, con una Eurasia guidata dalla Russia, o quanto meno ricostituendo un mondo multipolare in cui la Russia avrebbe avuto una maggiore possibilità di manovra.
Ha fallito e tutto sta crollando, nel fango ucraino e nel sangue dei poveri coscritti che ha mandato a farsi massacrare, ancora prima di cominciare, ma è riuscito a distruggere illusione che avevamo di vivere in un mondo globalizzato, regolato da un sistema internazionale riconosciuto da tutti.
A meno di un sostanziale cambio di regime, la Russia rimarrà per il futuro prevedibile un paese paria e isolato dal mondo occidentale. La sua azione militare sta dando il colpo di grazia alla potenza del suo paese che difficilmente si risolleverà nel prossimo decennio.
A questo punto se questo sarà l’esito e la sua quinta colonna in Europa e negli USA non sarà sufficientemente forte da fargli recuperare agibilità politica, cosa gli rimarrà?
La sua unica speranza sarà rivolgersi, o meglio inchinarsi di fronte, alla Cina, e diventarne un vassallo, e questo non avrà conseguenze drammatiche solo per lei, ma penso per tutto il sistema delle relazioni internazionali.
Io credo che il decupling economico, politico e militare, già iniziato, tra Occidente e Cina accelererà a dismisura e molto presto ci troveremo di nuovo di fronte a due blocchi da guerra fredda: l’Occidente e la Cina coi suoi vassalli separati economicamente e politicamente.
In mezzo, ovviamente, nazioni “non allineate” che sfrutteranno questa rivalità a loro profitto.
Adesso tralascio l'aspetto, importantissimo, del terremoto economico che subiremo man mano che le catene di approvvigionamento globale che ci uniscono alla Cina si andranno a spezzare.
Sarà una nuova guerra fredda, ma sarà molto differente da quella conclusasi 30 anni fa. Se la Cina è sicuramente economicamente più potente di quanto lo era l’URSS, lo è meno dal punto militare e il suo stesso schieramento sarà molto meno omogeneo e stabile dal punto di vista ideologico.
Dietro l’URSS e il Blocco Sovietico c’era una ideologia precisa, la Cina si troverà invece a raccogliere un insieme assai confuso di ideologie autoritarie nazionalcomuniste (come la Russia, la Bielorussia o la Birmania), dittature ereditarie (Nord Corea, vari X-stan, Siria), fallimenti bolivaristi (Cuba, Venezuela), alleati di comodo (Il Pakistan anti Indiano o l’Iran Antiamericano), unite solo dal loro comune astio verso le democrazie liberali.
Paradossalmente ritengo che Pechino non sia assolutamente contenta di uno sviluppo simile: era forse il suo obbiettivo finale, ma contava di arrivarci solo tra qualche anno, in una situazione diversa e con equilibri economici e militari più favorevoli.
Penso che Xi non sarà tenero con il suo fallimentare collega e con il suo disgraziato paese, ma questo sarà una magra consolazione.
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