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Di yacht, ponti e balle. Ovvero quello che non vi dicono.

 

Ed eccomi qui di nuovo a fare il bastian contrario e a rovinar la festa dell’indignazione popolare contro Jeff Bezos.

Sono di parte, lo ammetto. Lasciate che vi spieghi. Ben venticinque anni fa, era il remoto 1997, di Amazon ne esisteva solo una la “com” americana e vendeva solo libri, di carta.

Per un appassionato di fantascienza era un paradiso, si trovavano tutte le ultime uscite, quelle che in Italia avremmo aspettato anni per vedere tradotte, oppure bisognava andare a ordinare, raccomandandosi e accendendo un cero e aspettando settimane e mesi, in qualche libreria internazionale al centro.

Su Amazon ordinai, se ricordo bene, “The Center cannot hold” di Turtledove ed ebbi gioia di ritrovarmelo sul comodino, tornando a casa dal lavoro, dopo pochi giorni. Rapidissimi.

Aprii il pacco, assaporai quel volume e lessi la fattura e notai l’errore. Io avevo chiesto l’invio normale e invece Amazon aveva fatto quello veloce, ben 4,5 dollari di più. Diavolo. Ero un giovane neoassunto allora, il denaro valeva ancora più del tempo.

Controllai sul sito, trovai l’indirizzo del servizio clienti, aprii internet con Explorer, entrai nella mia hotmail e gli scrissi. Chiedendo spiegazioni e rimborso.

Non ci contavo, ero profondamente italiano ed ero appena uscito da un lungo scontro con ACEA, la municipalizzata romana dell’elettricità. Non era concepibile per me riuscire a ottenere qualcosa senza essere sballottato per ore tra le musichette di un call center, senza accamparsi alle 6 del mattino per prendere il numeretto per provare a parlare con un impiegato annoiato chiuso dietro un vetro. Non avevo neppure mandato una raccomandata con ricevuta di ritorno scritta in perfetto burrocratese con l’aiuto dell’amico che faceva il praticante da un avvocato. Nulla, avevo spedito solo una mail a un oceano di distanza. 

Due ore e mezza dopo, due ore e mezza, mi risposero.

“We apologize…” così cominciava la mail di risposta e chiudeva invitandomi a ricontattarmi se entro quattro o cinque giorni lavorativi non mi fosse arrivato il rimborso.

Rimasi esterrefatto e da allora sono rimasto cliente di Amazon e di Jeff Bezos, un cliente a volte critico, ma un cliente per lo più.

Ora, sono passati 25 anni, devo restituire a Jeff Bezos il favore e vi voglio parlare del suo Yacht.

Di sicuro la notizia vi sarà arrivata, persino Gramellini ci ha scritto sopra uno dei suoi pezzi che fanno piangere come un bruscolino in un occhio, no che dico, come una intera frittata di cipolle di tropea: “Per far passare il suo nuovo Mega Yacht Jeff Bezos farà smontare un ponte, storico per di più.”

Uno si immagina Ponte Vecchio preso a picconate, mentre quello se la ride sorseggiando champagne millesimato sul ponte dello Yacht. Uno schiaffo in faccia a tutti noi comuni mortali. Un gesto solleva proteste e sdegno.

Un’azione degna di un cattivo (con la K) da fumetto della Marvel.

Eppure mi sembra un po’ esagerato. Possiamo pure ammettere che Jeff è il meno simpatico tra i mega stramiliardari Bill Gates spende miliardi in fondazioni benefiche, Elon Musk fa le scenette di lanciare missili e vende macchine elettriche strafiche, Jeff Bezos si limita ad accumulare miliardi e sembra gli interessino solo i soldi, soldi soldi. Però non è propriamente un mega cattivo da film di serie B.

Nessuno di voi si è domandato cosa è stia succedendo veramente? E cosa ci sia di vero in questa storia? Il fatto che persino Gramellini ne scriva… non vi fa sospettare che sia tutta una cazzata? A me sì e sono andato a controllare come stanno i fatti veramente.

Allora iniziamo dall’principio: nel 1927 la città di Rotterdam decise di ricostruire ex novo il precedente ponte ferroviario che attraversava il principale canale del suo porto (il Konigshaven), serviva un varco più ampio per far passare le navi. Cosi costruirono il  il De Hef, una meraviglia della tecnologia, con la campata centrale che si sollevava di 47 metri per permettere il passaggio.

Danneggiato durante la guerra e ricostruito, il ponte rimase in funzione fino al 1993 quando la ferrovia venne chiusa. Dopo un lungo dibattito si decise di preservarlo e nel 2014 venne restaurato con i fondi del comune e dell’autorità portuale.

Il ponte rimase solo come monumento, non più utilizzabile attraversare il fiume, perché la campata è ferma nella posizione superiore, come mostrata nella foto. Il traffico di navi è troppo intenso per abbassarlo e alzarlo in continuazione.

In più venne fatta una importante modifica: la campata centrale venne appositamente modificata per poter essere rimossa in un solo blocco, in modo da poterla smontare e rimontare nel giro di 24 ore, in maniera economica e sicura, ci fosse stata la necessità di far passare navi più grandi.

Il Bravo Eugenia
Gli Olandesi sono pratici, il ponte è uno splendido ricordo di archeologia industriale di inizio ‘900, ma Rotterdam è il principale porto commerciale europeo e le navi sono la sua vita, vengono prima e se devono passare, le fanno passare

L'Aquiijo
Oltre ai commerci però Rotterdam è famosa anche per i suoi cantieri navali, tra cui la Oceanco, ormai da decenni leader mondiale nella produzione di Yacht extralusso.

Da qui sono usciti gioielli come i 109 metri della Bravo Eugenia, i 110 del Kaos o gli 86 della Aquijo, oppure i 106 del Black Pearl più grande Yacht privato a vela uscito da quei cantieri…. o meglio il più grande fino a che non sarà varato quello che Jeff Bezos si è ordinato, che lo batterà di 20 metri

Il Black Pearl fu varato nel 2017 e poté passare mentre il ponte era stato smontato per i restauri, gli Yacht a motore costruiti negli ultimi anni ci sono riusciti a passare sotto senza troppi problemi. Il veliero Bezos no. Percui il piano è smontare la campata e rimontarla, a spese del cantiere e quindi di chi gli ha pagato il lavoro, ovvero lo stesso Bezos, ovviamente.

Il Black Pearl, se avessi i soldi questo me lo comprerei

Quindi la notizia, se di notizia vogliamo parlare è che un cantiere navale attivo da secoli, e famoso in tutto il mondo, farà quello che fa normalmente di lavoro varerà una delle meravigliose imbarcazioni che i suoi operai sanno creare e la consegnerà a chi gliel’ha ordinata, passando sotto un simbolo dell’archeologia industriale di un grande porto, usando una procedura, già prevista da anni che permette in contemporanea di preservare un monumento importante per la città e a una realtà industriale di continuare a primeggiare nel mondo.

E adesso fate voi il passaggio successivo, ma allora perché far passare la notizia con che Jeff Bezos farà smantellare un ponte per un capriccio, come se fosse un Lex Luthor all’estrema potenza?

Possibile nessuno abbia fatto il semplice controllo che ho fatto io?

Fatevi la domanda vera che dovrebbe interessarvi: Cui Prodest?

Jeff, adesso siamo pari.







 

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