Il quadro interpretativo che vi propongo è quello classico e ormai plurisecolare, ma semplicissimo, di Clausewitz.
- La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi (Ovvero: la Guerra serve per raggiungere degli obiettivi politici)
- La Guerra ha lo scopo di privare l’avversario della capacità o della volontà di resistere alle nostre richieste.
Ci siete? Cominciamo.
Partiamo al punto uno, quali erano gli obbiettivi politici di Putin?
Non sono complicati da capire e quello che vi sto per dire non è propaganda del “mainstream atlantista”, ma cose che ha scritto e detto lui stesso.
Dimenticate i fantomatici bombardamenti del Donbass, dimenticati i razzomissili NATO, Putin vuole ricostituire lo “Spazio Imperiale Russo”, il “Russky Mir”, necessario, secondo i suoi deliri per ripristinare il ruolo storico della nazione Russa, creare un nuovo ordine mondiale e, non meno importante, assicurare la sua personale posizione nei libri di storia accanto a Pietro il Grande, Ivan il Terribile e tanti altri fondatori di Imperi.
(Per una trattazione accurata di questi argomenti vi rimando ad Andrea Graziosi “L'Ucraina e Putin tra storia e ideologia” Laterza 2922)
Come dicevo queste affermazioni non sono fantasie e propaganda anti Putiniana. Rileggetevi il discorso che pronunciò a inizio guerra, o quello del 21 febbraio scorso (li trovate sul sito ufficiale del Cremlino), l’articolo celebrativo della “vittoria” leakeato dal sito della RIA Novosti, oppure il suo libro (perché Vladimiro ci ha scritto un libro!) “Sull’unità Storica di Russi e Ucraini”, lo si trova abbastanza facilmente in lingua inglese.
Come fare per ottenere questo scopo?
Il primo passo in questo “vaste programme” era stato la sottomissione della Bielorussia tramite Lukashenko, seguita la destabilizzazione della Georgia, infine si doveva pensare all’Ucraina.
Il primo tentativo venne fatto con mezzi politici e ibridi, ma la società ucraina si dimostrò più resiliente di quella Bielorussa, e si ribella nel 2004 con la “rivoluzione arancione”.
Sfruttando le divisioni interne ai movimenti filo occidentali e la, debolezza delle istituzioni democratiche ucraine ci fu un secondo tentativo di far seguire all’Ucraina la strada già seguita dalla Bielorussia. Tentativo che però venne bruscamente fermato nel 2014, quando Janukovyč tentò di una fatake svolta verso la Russia e venne fermato, non da un “colpo di stato nazista”, ma da una vasta resistenza popolare in tutto il paese, durata mesi, passata alla storia con il nome di EuroMaidan.
Sconfitto a Kiev, sfiduciato dal parlamento e isolato politicamente Janukovyč fuggì a Mosca, chiedendo a Putin un intervento militare.
Falliti i tentativi di “soft power” (soft per gli standard russi, ovviamente) a Mosca si decise di implementare un piano B con l’obbiettivo di impadronirsi del sud e del est dell’Ucraina.
Malgrado la narrativa russa e malgrado i danni provocati anche questo tentativo fu un mezzo fallimento.
Se in Crimea ci fu un rapido intervento diretto delle truppe russe, i tentativi dei filorussi di prendere il potere in altre zone tramite “sollevazioni” popolari organizzate dall’FSB fu un mezzo fallimento, proprio a causa dello scarso appoggio della popolazione locale che a quanto pare non sentiva tutto questo bisogno di essere “liberata”.
A Kharkhiv, come in altre città, i tentativi fallirono in maniera tragicomica, con gli infiltrati russi e i pochi attivisti malmenati dalla folla inferocita, a Odessa non ci fu la commedia, ma solo la tragedia con scontri armati e numerosi morti (da entrambe le parti, malgrado la propaganda russa tenti di far passare il “massacro di Odessa” come unilaterale e si voglia celare il fatto che buona parte dei morti della parte filo russa non erano locali, ma “turisti” russi, tutti uomini tra i 20 e i 40 anni, che, guarda che coincidenza, si trovavano in città e si erano uniti generosamente alle manifestazioni).
Maggiore fu il successo a Donetsk e Lugansk, dove le istituzioni locali erano state ampiamente infiltrate, e dove oggettivamente il supporto popolare era maggiore, anche se non sempre maggioritario.
Malgrado il caos, però le forze armate ucraine reagirono in maniera sostanzialmente compatta e iniziarono ben presto una efficace riconquista del Donbass, sempre aiutati da buona parte della popolazione, che, come ripeto, pur essendo russofona non era per questo filo-russa.
Putin si trovò costretto ad improvvisare quindi un Piano C, facendo intervenire direttamente l’esercito russo, malamente mascherato come “volontari”, i famosi “Omini Verdi”.
Dopo quasi 10.000 morti nei combattimenti e soprattutto il disastro umanitario di alcuni milioni di profughi in fuga dagli scontri, chi verso l’Ucraina chi verso le Russia, la situazione venne cristallizzata dagli Accordi di Minsk sponsorizzati da Francia e Germania.
Si trattava, come ha confessato la stessa Merkel, di un accordo praticamente inapplicabile soprattutto perché, incredibilmente e ridicolmente, attribuiva alla Russia il ruolo di mediatore e parte terza NON implicata nel conflitto.
Seguirono otto anni di pace armata, con provocazioni e scontri secondari sulla “Linea di contatto”, che portarono ad ulteriori migliaia di morti.
A fine 2021, Putin rompe gli indugi e decide di passare alla fase 2.
Occupare l’Ucraina, e successivamente la Moldova. Fatto questo avrebbe potuto eventualmente procedere ad ulteriori passi: consolidare la posizione russa in Asia Centrale e nel Caucaso (ovvero sistemare la pratica georgiana), continuare la penetrazione in Africa. Dalla nuova posizione di forza e di resuscitata grande potenza avrebbe potuto eventualmente intimidire e ridurre all’obbedienza i Paesi Baltici o anche andare oltre, specialmente se l’Unione Europea e la NATO si dimostreranno imbelli e inefficaci.
Qui fa il primo dei due errori che porteranno alla presente situazione: è convinto, della debolezza occidentale (il ritiro dall’Afganistan l’acquiescenza alle sue precedenti aggressioni alla Georgia e alla stessa Ucraina, la possibilità di usare le forniture energetiche come arma di ricatto, la presenza di tantissimi, troppi simpatizzanti e fiancheggiatori in Europa e in America). Ritiene di avere di fronte una tigre di carta, o forse addirittura un castello di carte che basterà un soffio a sfasciare definitivamente, lasciando la sua Russia a dominare una Europa divisa e abbandonata a se stessa. Lo stesso errore di Hitler in una parola.
L’altro sbaglio lo fa sottostimando la nazione Ucraina, come ha scritto, nel suo libro, e nei suoi discorsi, continua a sognare che gli Ucraini non esistano, che i Russofoni siano patrioti Russi e pronti ad accoglierlo a braccia aperte. A Kiev non ci sarebbe un governo sostenuto da un popolo, ma un regime “nazista”, imposto dai globalisti occidentali e guidato oltrettutto da un ridicolo comico ebreo, pronto a essere rovesciato e messo in fuga (in pratica le stronzate ripetute dai minion italiani).
Nei piani russi, (ripeto: sono scritti nero su bianco) la popolazione avrebbe accolto i liberatori russi con gioia, si stimava che sarebbe stato necessario “eliminare” solo poche decine di migliaia di persone e in pochi anni gli “ucraini” sarebbero stati rieducati e ri-trasformati in bravi russi.
Putin non aveva capito nulla. Non aveva capito il paese che ha di fronte, accecato dal suo schema ideologico, non aveva capito nemmeno la lezione del primo tentativo del 2014 quando tanti russofoni gli si erano opposti, non aveva capito poi che dopo la sua prima invasione le simpatie popolari su cui avrebbe potuto contare erano quasi totalmente evaporate. Non aveva neppure capito che erano anni che l’esercito ucraino si preparava a difendersi.
Fermatevi a tornate all’inizio, allo schema interpretativo di Clausewitz: Putin riteneva che sarebbe bastato molto poco, molto poco, per aver ragione della volontà Ucraina ed Europea di combattere.
Questo è la pietra tombale per tutti gli autoproclamati “Realisti” Internazionali che sbavano dietro il Putin grande stratega: la sua politica NON aveva nulla di razionale e realistico, era ed è ciecamente guidata da una ideologia che anzi gli impedisce di capire i reali rapporti di forza.
La seconda invasione il 24 febbraio parte su questi presupposti errati: una “operazione militare speciale” una enorme operazione di polizia, che si aspetta al massimo qualche dimostrazione da disperdere e magari dei nuclei di “fanatici nazionalisti” nelle forze armate, da sopprimere velocemente.
Una interpretazione patentemente sbagliata, ed infatti la maggior parte degli osservatori, io stesso, la consideravano una ipotesi irrealistica. Nessuno pensava che Putin potesse essere, diciamocelo francamente, così cretino. Nessun analista capiva la profondità della sua bolla di autoinganno che nessuno in Russia riusciva o osava bucare con la realtà. Problema tipico delle dittature.
L’unica che ci azzecca è l’Intelligence americana, che oltre alle analisi dei rapporti di forza aveva ovviamente un buon assesment psicologico di Vladimiro e si rendeva conto di quanto fosse forte il bias autconfermante nella sua bolla, di quanto fosse pesante la sua paranoia e la sua megalomania.
Gli USA, a questo punto, fanno le uniche due cose che possono fare:
La prima è iniziare a parlare apertamente di invasione. Un tentativo disperato di cambiare l’equazione costi benefici russa mandando un messaggio chiaro: noi sappiamo quello che sta per succedere, ci stiamo preparando anzi siamo pronti, non potrete contare sull’effetto sorpresa, non la passerete liscia.
La speranza è di far esitare i Russi, la speranza è fermare l’invasione in extremis.
Vi ricordate tutti quelli che sfottevano scandalizzati gli allarmismi guerrafondai amerikani? La CIA sarebbe stata felicissima di passare, per una banda di buffoni incapaci: dare l’impressione di essere fallita è la massima aspirazione per una operazione di intelligence di successo.
Niente da fare, Putin nella sua megalomania si è ormai convinto anche che l’esercito russo, se necessario, sia in grado di affrontare quello americano su condizioni di parità.
La seconda mossa americana allora è iniziare a rifornire in emergenza gli Ucraini di quello che pensano gli possa servire. La stima NATO è che gli Ucraini abbiano la volontà di combattere ma che non possano resistere ad una invasione russa, non in maniera simmetrica almeno. L’Ucraina sarebbe dunque costretta a passare a uno stile di guerra asimmetrico (qui una ottima spiegazione di questi concetti, in inglese).
Quello che servono sono armi leggere, missili, RPG, che permettano di passare a una azione di guerriglia nelle retrovie delle vittoriose formazioni corazzate russe.
L’Ucraina va trasformata in un nuovo Vietnam o in un Afganistan. Con la vaga speranza di salvare almeno un governo in esilio in qualche brandello occidentale di Ucraina (guardatevi le famigerate cartine di Limes di quel periodo).
Io penso che Probabilmente, al Pentagono, avevano ragione: l’esercito ucraino sarebbe stato probabilmente sconfitto rapidamente da una vera invasione ben organizzata e pianificata della Russia, ma fortunatamente, abbiamo visto, Putin non aveva organizzato una guerra o una invasione, pensava di fare una parata.
Le truppe russe entrano in Ucraina, sfilando, convinte di incontrare una resistenza praticamente nulla.
E invece trovano la spiacevole sorpresa di trovare resistenza, per usare le parole di Orio Stirpe, la sorpresa strategica era russa, ma quella tattica è stata ucraina.
Ad Hostomel vicino Kiev i paracadutisti russi sono letteralmente massacrati, a Kharkiv a Sumy in tante altre città le colonne corazzate che entrano baldanzose e sicure cadono vittima dei Javelin e MLAW.
Ogni strada è infestata di piccoli gruppi di soldati ucraini che attaccano di sorpresa le truppe russe.
Zelensky, quello stesso Zelensky che cantava e ballava nello show di Capodanno della TV russa solo qualche anno prima, non fugge, non si fa prendere dal panico.
“Non ho bisogno di un passaggio, ho bisogno di munizioni.” Frase probabilmente apocrifa come il 90% dei motti passati alla storia, ma che appunto rimarrà nei libri.
Il Piano A di Putin è fallito, di nuovo, e dà all’Ucraina una insperata possibilità di sopravvivere come stato.
I generali russi rimettono nel cassetto l’uniforme di gala per la parata della vittoria e provano a improvvisare un piano B che trasformi l’azione di polizia in una vera invasione e non li costringa a tornare a Mosca sconfitti.
Ovviamente è impossibile modificare l’assetto dell’operazione e falliscono anche in questo, anche per colpa del disgelo primaverile, che rende impraticabili vaste zone e molte strade.
In occidente, ben pochi si rendono conto e capiscono cosa stia succedendo.
Non si tratta solo di tifosi filorussi e degli esaltatori del genio strategico putiniano, quelli incapaci di concepire un possibile fallimento russo, pure i bravi analisti rimangono stupiti incapaci di capire cosa succede.
Quello che vedono non ha semplicemente nessun senso: non solo non corrisponde alla dottrina militare russa, ma proprio sembra un… stronzata. Possibile? Possibile che i Russi stiano sbagliando tutto, ma proprio tutto? Per lunghe settimane aleggia il dubbio che che ci sia qualcosa sotto, che quell’apparente confusione e incompetenza nasconda qualche misteriosa ma scaltrissima motivazione.
Invece, era proprio solo un grandissimo casino. A suggello di tutto arriva la disastrosa ritirata dal nord dell Ucraina.
L’armata rossa è stata sconfitta e si ritira dopo aver lasciato sul campo una quantità impressionante di uomini e mezzi.
Il piano di Putin di sottomettere l’Ucraina velocemente fallisce nei primi mesi. Si trova con in mano una vera guerra e un Occidente sorprendentemente unito nell’opporsi ai suoi disegni.
La sua ipotesi di partenza è stata smentita e ne deve prendere in qualche maniera atto: L’Ucraina ha la forza e la volontà di resistere e l’Occidente quella di aiutarli.
Questo porta a tre cambiamenti:
Il primo è ideologico. A quanto pare gli Ucraini non sono brave persone oppresse da una corrotta élite pedonazigay, ma sono loro stessi un popolo corrotto ormai fino al midollo non degno di essere ammesso come fratello nell’Impero Russo. Per non parlare di tutti quei Russofoni doppiamente traditori, che ora sparano sulle truppe venute a liberarli.
Tutti traditori che vanno puniti senza pietà, possono essere uccisi, le loro città rase al suolo, senza scrupoli. È il metodo Grozny e il primo passo verso il genocidio, quello vero.
Il secondo passo è diplomatico/economico. Se l’occidente non si piega allora va spezzato. Lo si affamerà e lo si priverà del gas. Quella che doveva essere, nella mente della Merkel una interdipendeza che univa, per i Russi era sempre stata concepita come una dipendenza a senso unico da usare come arma.
Il terzo punto è militare. Una vittoria, una qualunque deve essere comunque assicurata. Si vara il Piano C:ci si concentrerà sul Donbass e sulla Novorossya fino ad Odessa e alla Transnistria.
Ottenuto questo si potrà accettare un accordo fasullo che amputi e indebolisca l’Ucraina in attesa di una prossima guerra per finire la pratica.
Neppure questo funziona.
Odessa viene accantonata, la Moskva è affondata, gli Occidentali, ‘sti dannati transgender senzadio, armano sempre più gli Ucraini e le sanzioni iniziano a mordere. La speranza di spezzare il fronte nemico con le elezioni di un presidente francese simpatetico cade nel vuoto.
Militarmente si passa velocemente dal piano C al D, l E e al F. Le varie ipotesi di grandiosi sfondamenti del fronte e di magnifici accerchiamenti svaniscono una dopo l’altra riducendosi di dimensioni fino a sparire dalla carta geografica e ridursi alla sanguinosa battaglia urbana di SeveroDonetsk.
L’esercito russo in crisi non riesce più ad avanzare, ma le necessità politiche del regime lo costringono a mantenere la pressione dissanguandosi.
L’autunno è cupo per i Russi, gli Occidentali non mollano, le umiliazioni diplomatiche si accumulano e gli “alleati” svaniscono uno dopo l’altro. Sul campo gli Ucraini passano da una difesa, seppur flessibile ad organizzare limitate controffensive.
Il nuovo piano, credo siamo arrivati all’H se non ho perso il conto, è tenere la posizioni e avanzare dove si può, intanto, visti gli scarsi risultati dei reclutamenti volontari si lancia una mobilitazione parziale.
Qui Putin prova, almeno prova, a seguire un corretto schema clauswitziano. Gli Ucraini hanno la volontà e la capacità di resistere che non riusciamo a spezzare, ma questa “capacità” è legata al supporto occidentale.
Il nuovo obbiettivo è quindi questa volontà occidentale di aiutare gli ucraini.
La Russia ha due armi: il gas (e il petrolio) e i cereali.
L’Occidente finirà al gelo e alla fame, assediato da milioni di migranti anche loro affamati e dovrà arrendersi.
Il tutto ovviamente esaltato dalla propaganda e dai minions putinopitechi che devono seminare dubbi e panico.
Abbiamo qui alcuni capolavori come una pubblcità russa in cui si vedono fanciulle europee semicongelate che cercano su Tinder di sedurre ragazzi russi per potersi trasferire al “caldo” a Mosca.
Oppure Lukashenko che sosteneva che “migliaia” di Lettoni e Lituani affamati cercavano di passare l confine per rifugiarsi IN Bielorussia.
Molte volte è difficile distinguere la vera propaganda russa dalla satira di Lercio.
A livello locale i servi, più o meno coscienti, del dittatore riprendono il tam tam. I messaggi penso ve li ricordate.
- Moriremo di freddo.
- I Russi stanno usando solo l’uno per cento del loro potenziale.
- L’Ucraina sarà sventrata.
- Aiuto la Bomba.
Si tenta di far passare la crisi economica e l’inflazione che hanno ben altre, più profonde origini come causate da quelle sanzioni che “fanno più male a noi che a loro”.
Putin conta di mettersi seduto e aspettare.
Purtroppo per lui, gli Ucraini hanno altre intenzioni.
L’offensiva ucraina a Kharkhiv si rivela un altro disastro per l’esercito russo, che per seguire gli ordini del Duce del Cremlino ha continuato a dissanguarsi in attacchi inutili e nella difesa di Kherson.
Arriviamo infine al Piano I. Putin viene convinto ad abbandonare Kherson, l’ennesima ritirata, e ad asserragliarsi dietro delle nuove linee difensive, in attesa che freddo e fame facciano effetto sui femminei snowflake europei. Viene inoltra lanciata una feroce campagna di bombardamento sulle infrastrutture ucraine, forse nel vano tentativo di minarne il morale, forse per pura ferocia.
Ma in questo caso è il generale inverno a tradire al Santa Madre Russia. Gli Europei non congelano e non muoiono di fame, malgrado le urla mediatiche delle Brigate Russe (copyright Marta Ottaviani, compratevi e leggetevi il suo libro) il fronte regge e continuano a fornire armi.
Dall’altro lato invece, a parte il supporto politico della Cina, nessuno sembra disponibile a fornire il benché minimo appoggio escludendo Iran e Nord Corea, non molto.
Anche la campagna di bombardamento fallisce e svanisce lentamente nel nulla, mentre l’industria bellica russa, colpita da quelle sanzioni “che non hanno effetto”, non riesce a produrre abbastanza missili di precisione.
Viene sfornato il Piano L. Allora bisogna giocare sul lungo periodo, aspettare almeno le elezioni americane del 2024 sperando cambi qualcosa, ultima disperata speranza.
Ma nel frattempo bisogna dare almeno una qualche vittoria al popolo e quindi viene scatenata l’Offensiva Invernale tutt’ora in corso.
Perché anche se non sembra dalla quasi totale mancanza di risultati è un mese che i Russi stanno attaccando come dannati. Con perdite enormi, sembra.
Forse è arrivato il momento di sfornare il piano... N, credo, giusto?
Cosa succederà ora?
Dal punto di vista puramente economico l’Occidente ha una capacità pratica di sostenere l’Ucraina praticamente infinita, di certo molto superiore alle possibilità russe.
Su questo però potrebbe influire lo scenario internazionale. La Cina (l’alleato di “ferro”) ha mantenuto come dicevo una posizione defilata e non esente da critiche verso la Russia, ma, se questa guerra non gli conviene, gli conviene ancora di meno una possibile sconfitta russa.
Putin spera ovviamente che l’appoggio diventi più esplicito e non solo diplomatico, ma soprattutto economico e magari militare.
Questo ovviamente avrebbe effetti disastrosi, trasformando una guerra “europea” in uno scontro economico – diplomatico mondiale con la rottura definitiva della globalizzazione. Cosa che Xi sembra non volere, almeno NON ancora.
Non credo che sia un caso l’uscita di numerosi articoli e commenti sulle conseguenze di un appoggio imitare cinese. Il messaggio americano è chiaro, come lo era quello sulla guerra in arrivo nel febbraio 2022, lo sappiamo che ci state pensando, o magari lo fate già sottobanco, non la passerete liscia e subirete la nostra reazione: NON fatelo.
Speriamo che Xi sia più intelligente di Putin, ma coi dittatori non sempre si può contare su scelte razionali.
Dal punto di vista militare i Russi hanno finito le opzioni e buttato tutto il disponibile nella fornace, possono solo continuare a pompare verso il fronte carne da cannone e ferraglia obsoleta dai depositi ex sovietici.
Soluzione che come abbiamo vista fornisce pochissima capacità offensiva, ma può fare la differenza in fase difensiva (come spiega sempre Orio Stirpe), per erodere la capacità ucraina.
Questo potrebbe fare la differenza perché nel frattempo gli Ucraini dovranno quasi sicuramente tentare di lanciare una offensiva di primavera/estate.
Devono attaccare per dimostrare a loro stessi e all’Occidente di essere in grado di riconquistare i territori occupati.
La riuscita o meno sarà merito non tanto del morale ucraino (quello c’è), ma dalla reale situazione russa e soprattutto dai rifornimenti che Europa e Stati Uniti forniranno. Non solo degli scenici carrarmati o F16, ma di meno affascinanti, ma, e qui cito Tom Cooper, ma assolutamente necessarie munizioni, pezzi di artiglieria, mezzi corazzati e mitragliatori.
Torniamo al punto di Clausewitz: tutto si basa sulla capacità e la volontà, rafforzare la propria e minare quella avversaria.
Come finirà tutto ciò?
Questo lo chiederò a voi nel prossimo situation post. Preparatevi
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