Quello che fa scena e che attrae il pubblico sono i secoli di gloria dell’Impero Romano, oppure il medioevo, ma sempre disegnato cupo e grigio e sanguinolento.
La “decadenza” dell’Impero a chi dovrebbe interessare? Un peccato appunto, e un grande errore.
Come film potrei consigliarvi il piacevolissimo De Reditu (2004), ottimo film di Claudio Bondi, Lo trovate anche su Youtube, ma finora avevo trovato poco altro.
Adesso però posso aggiungere un altro titolo: il romanzo “Lo stendardo di Giove” di Emanuele Rizzardi.
La storia si ambienta alla fine del IV secolo, nell’Impero di Occidente, raccontando uno degli avvenimenti più misconosciuti e affascinanti della storia romana.
Quasi tutti conoscono, almeno di nome, Giuliano l’Apostata, l’imperatore, nipote di Costantino, che provò a ristabilire i culti pagani a scapito del cristianesimo, ma quasi nessuno è a conoscenza che 40 anni dopo ci fu un altro, estremo tentativo.
Nel 392, il giovane imperatore d’Occidente Valentiniano II venne trovato morto impiccato nel bagno del palazzo imperiale di Vienne, in Gallia.
Ufficialmente suicidio. Ufficialmente.
Quello che seguì potrebbe sembrare banale, a scorrere velocemente una pagina di storia: il comandante, barbaro, dell’esercito mette sul trono un fantoccio, ma viene sconfitto da Teodosio, l’Imperatore d’Oriente, tutto torna come prima.
Il romanzo però ci racconta ed immagina un'altra storia nascosta dietro questi freddi avvenimenti, una storia di amicizia e di ideali, di sentimenti e di grandi sogni.
Lo fa intrecciando le vite dei tre grandi protagonisti storici di questi eventi.
Flavio Arbogaste, il Magister Militum dell’Occidente (il comandante dell’esercito). Un generale glorioso e l’uomo più potente d’Occidente, ma le cui origini di barbaro franco precludono la possibilità di indossare la porpora imperale.
Flavio Eugenio, suo vecchio e amico e consigliere, nobile, colto e soprattutto il di puro sangue romano che diventerà il nuovo Imperatore.
Ultimo protagonista è Virio Nicomaco Flaviano, senatore e capo di quello che restava della fazione pagana del Senato, sempre più oppressa dall’intolleranza dei cristiani.
Insieme tentano di ridare vita e speranza a Roma, dando nuova linfa al suo spirito e tornando alle sue origini culturali e religiose, riaprendo templi, riaccendendo il sacro fuoco di Vesta, riportando la statua della Vittoria in Senato.
I Romani e il barbaro romanizzato uniti in un ultimo tentativo, carico di forza ideale e speranze, di rrestaurare la gloria e la forza dell’Occidente.
Saranno ostacolati dal temibile vescovo di Milano, un Santo Ambrogio visto e dipinto dalla parte dei suoi avversari, e soprattutto dall’Imperatore di Oriente, il cristianissimo, Teodosio il Grande.
Non ci sono spoiler, sappiamo bene come va a finire, ce lo dicono i libri di storia.
I nostri eroi vennero sconfitti da Teodosio nella battaglia del Frigido vicino Gorizia.
Eugenio fu catturato e decapitato
Arbogaste, fuggì, ma ormai solo e senza speranze si suicidò
Nicomaco, saputo della sconfitta, si suicidò anche lui prima di essere arrestato.
I templi vennero chiusi e il fuoco di Vesta fu spento di nuovo, per sempre.
Fu un colpo mortale per l’occidente, non solo per lo spirito, ma anche perché in quella sconfitta venne distrutto il fior fiore dell’esercito di manovra occidentale, lasciandolo definitivamente in balia dei suoi nemici.
Quello che rimase sono solo antiche memorie, così come il romanzo lascia vivo nel lettore il sogno di quei tre uomini, di quello che speravano di creare e di quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Lo trovate su Amazon in cartaceo e ebook.
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