Ho appena finito di leggere “Il silenzio delle ragazze.” di Pat Barker, romanzo del 2019. Era da un po’ fermo sulla libreria in attesa del suo turno.
È il tipico romanzo che mi intriga per il tema e per l’idea di fondo.
Per farla breve è l’Iliade, ma raccontata dalla voce di Briseide, la schiava troiana che contesa tra Agamennone e Achille causò la famigerata ira funesta e gli infiniti lutti che abbiamo sofferto al liceo.
Una ventata di freschezza, dal punto di vista delle vittime delle guerra, dalla viva voce di una vittima della guerra narrata dall’opera fondante della letteratura occidentale.
Il grande Achille. Il luminoso, splendido Achille; Achille simile a un dio. Montagne di epiteti che le nostre labbra non hanno mai pronunciato. Per noi era solo un macellaio
L’incipit fa decisamente il suo lavoro nel catturare l’attenzione. Una discreta bastonata sulle gengive che ravviva la tua attenzione.
L’autrice dichiara apertamente lo spirito di rivalsa femminista della sua opera, di rivalsa verso tutte le donne innominate e sconosciute vittime delle guerre celebrata dagli uomini.
Ma il risultato mi lascia perplesso visto che la sua stessa narrazione sembra smentire questa rivalsa portando man mano Briseide a provare sentimenti per quel nemico greco, quel macellaio, che ha ucciso i suoi fratelli (in una splendida scena cruda e spietata) l'ha rapita e la ha a tutti gli effetti, vioIent@t@.
Il che alla fine risulta molto molto tradizionale, ben poco femminista o empowering se devo dire la mia. Francamente, per rimanere sul tema omerica ho trovato molto più incisiva, indipendente e, volendo, femminista la Nausicaa protagonista della Figlia di Omero di Robert Graves, un romanzo del 1955!
Al punto di vista stilistico l’ho trovato molto molto strano.
La maggior parte dei capitoli sono scritti dal punto di vista di Briseide in prima persona al passato remoto, ma le sue parole a volte tradiscono una impostazione non trasparente, non solo per dei brani narrati o i discorsi indiretti ma soprattutto per gli incisi al presente con cui lei si rivolge direttamente al pubblico a cui sta raccontando la sua vita passata commentandola col senno del poi.
Ancora più singolare, una serie di scene in cui, in assenza della protagonista, che da schiava non poteva essere presente in certe situazioni, si passa improvvisamente a un narratore onnisciente in una stranissima terza persona al presente, un narratore onnisciente, che evidentemente non è la Briseide narratrice, e che sballonzola un po’ liberamente nelle teste di Achille, Patroclo e degli altri personaggi.
Insomma piacevole leggerlo, la storia mi è piaciuta molto, ma anche e soprattutto interessante analizzarlo dal punto di vista costruttivo.
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