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Fondazione la serie TV

 


Ieri sera ho finito di vedere le prime due puntate della serie che Apple TV sta dedicando a Fondazione di Isaac Asimov.
Inevitabile per me scriverne: le opere di Asimov sono state le fondamenta della mia adolescenza. Penso di aver letto tutto quello che Asimov ha scritto di SF e quasi tutti i gialli e le opere di divulgazione scientifica. Ero instancabile e tuttora la sua opera omnia è sopravvissuta alla furia iconoclasta che ha spazzato casa negli ultimi anni e mantiene un posto di onore in libreria, ricordo di tempi più semplici e felici in cui arredare casa significava avere abbastanza scaffali per la biblioteca.
Nota al lettore: parto dal presupposto che la storia e i protagonisti siano già più o meno conosciuti e non staro quindi ad essere specifico nelle spiegazioni. Ci sono possibili spoiler, ma ovviamente se avete letto i libri conoscete la storia.
Per prima cosa dobbiamo capire di cosa parliamo: l’opera asimoviana è costituita da vari cicli che però sostanzialmente si integrano in una unica storia dell’umanità che parte dal prossimo futuro (per fare un riferimento filmico “L’uomo bicentenario” con Robin Williams) fino ad arrivare a circa 20.000 anni nel futuro con la chiusura del ciclo della fondazione.
Questo comporta un primo grave problema, per qualsiasi sceneggiatore cresciuto alla scuola hollywoodiana, non c’è un protagonista, il protagonista vero è l’umanità e la sua storia, e peggio, non c’è un “cattivo”, la forza di opposizione è altrettanto immateriale ed è sempre lei, la stessa umanità, e questo è ancora più vero per Fondazione, un libro che copre 1.000 anni di storia galattica.
Ma andiamo al sodo: la prima puntata mi ha inizialmente colpito favorevolmente. Certo alcune parti della storia erano state modificate, questo c’era da aspettarselo, ma ho trovato lo spirito della storia. Lo spettatore è complice della meraviglia assoluta provata dal protagonista di arrivare a Trantor, la capitale imperiale, il centro della galassia e della civilizzazione umana. La colossale magnificenza del pianeta e dell’elevatore spaziale che collega l’orbita con la superficie lascia senza fiato. Il flusso di umanità nelle profondità dei 50 livelli abitativi del pianeta ti travolge.
Come dicevo i cambiamenti ci sono, e alcuni sono certamente positivi. Ad esempio, ho trovato intrigante l’idea della “dinastia genetica” che l’imperatore sia sempre il clone del fondatore della dinastia e che allevi come successore un clone di sé stesso, tenendo al suo fianco il precedente imperatore emerito come consigliere.
Ho trovato anche interessante che abbiano trasformato uno de personaggi (Gaal Dornik) da uomo a donna, ovviamente non caucasica, non impatta sul personaggio e aggiunge il sapore di una storiella d’amore con un altro dei collaboratori di Hari Seldon (Raych). Asimov, dobbiamo dirlo, è sempre stato molto debole nei subplot sentimentali e ci può stare un ritocchino
Meno adeguata la sua origine, da un mondo arretrato e semi barbarico con palafitte in vimini in un ambiente reminiscente certe fantasie da delta del Mekong o laguna di Hong Kong anni ‘50
Nei libri si rimarca più volte che Gaal è un “provinciale”, ma nel senso normale che chiunque non sia di Trantor è un buffo provinciale per un snobissimo Trantoriano, un po’ come un Newyorkese vedrebbe un Redneck del North Dakota in visita in città, anzi ne “La Città”. 
Ma Gaal non è un genio spontaneo cresciuto in isolamento in una capanna sperduta come nella serie tv… Gaal è un brillante Ricercatore fresco di Dottorato di una Università Imperiale, periferica ma prestigiosa.
Questo è il primo, grave, allontanamento dallo spirito dei libri, in Fondazione non c’è il fascino dell’esotismo primitivista (che possiamo trovare in Star Wars), la civiltà imperiale è una cosa reale, malgrado la decadenza, tutti gli abitanti della galassia hanno accesso a una tecnologia e a uno standard di vita sicuramente superiore alla nostra. Non esiste una “frontiera” barbara, a questo punto della storia, esiste, al massimo, una periferia sonnolenta abitata da provincialotti che seguono la moda di tre stagioni fa e che parlano con un buffo accento.
Soprattutto Asimov avrebbe concesso ben poco spazio a misticismi e chiese contrarie al progresso e alla scienza come fa il telefilm, lui era un Positivista di ferro, uno Scientista nel senso più puro e migliore della parola: il futuro era nel progresso scientifico, tecnologico e del sapere umano, magari, famose le sue polemiche, il futuro era nel governo unico dell’umanità, non certo nella regressione alla tradizione. 
Lo spirito di Fondazione è tutto qui, l’Impero non è un mostro oppressivo come quello di Star Wars o un feudalesimo classista come in Dune, l’Impero è il governo unificato di una umanità unità che ha superato le differenze di razza e di nazione che assicura la pace e porta tecnologia, scienza, razionalità e progresso. Per Asimov, questo è il culmine della civiltà umana e per questo l’Impero andava preservato e ricostituito. Un concetto difficilmente apprezzabile, lo capisco, dal rintronato spettatore pseudo ecologista del XXI secolo, ma Asimov, non era solo uno scienziato, era apertamente un tecnocrate e uno scientista.
Ma fino qui, ci possiamo ancora stare e goderci lo spettacolo, così come possiamo sopportare che i costumisti abbiano apparentemente saccheggiato i magazzini dei sequel di Star Wars per risparmiare sui costi, escluso per la famiglia Imperiale, per la quella hanno scelto inspiegabilmente i rimasugli più trash dei costumi dei supereroi Marvel, e non si capisce perché tanto disprezzo.
Onestamente, il primo dubbio mi prende a metà puntata, quando l’imperatore regnante oltre a una faccia da stronzo, e anche quella ci può stare, inizia a lanciare sguardi psicotici in giro e mostrare i classici manierismi del cattivo hollywoodiano tra cui una particolare predilezione per estemporanee esecuzioni capitali possibilmente inutili, crudeli e ovviamente truculente.
A metà prima puntata, un brivido d’orrore mi scuote, temo, che, gli sceneggiatori siano già stati travolti dal horror vacui di non avere un antagonista malvagio e presi dalla disperazione stiano tentando di inventarsi un cattivo inesistente, e peggio, ignobilmente stereotipato.
La puntata però si conclude quasi da trama del libro, anche se viene aggiunto uno spettacolare attentato reminiscente del 9-11: alla fine il governo imperiale temendo che una condanna di Hari Seldon possa aggravare e accelerare la crisi gli concede, e gli finanzia, la creazione della Fondazione dell’Enciclopedia Galattica, di fatto un esilio dorato su Terminus il più remoto tra i pianeti abitabili. A chiusura della puntata e del primo capitolo del libro Seldon confessa che è proprio quello che lui aveva pianificato fin dall’inizio. Vittoria. Diciamo che la prima puntata la chiudo con qualche dubbio, ma sostanzialmente soddisfatto.
A questo punto nei libri, la Fondazione viene appunto fondata, Hari Seldon, ormai vecchio rimane tranquillo su Trantor sistemando i figli (nei libri è vedovo, ma ha famiglia e non è un oscuro professore, ma una influente personalità politica che ha ricoperto la carica di Primo Ministro dell’Impero Galattico, mica pizza e fichi). Gaal sarà il suo successore supervisionando i lavori della Fondazione e, contemporaneamente, occupando una prestigiosa cattedra di matematica all’Università Imperiale di Trantor. Un barone universitari da Ivy League, non certo un avventuriero. Fine del capitolo, il libro e balza di 30/40 anni, alla prima crisi e a Salvor Hardin.
Invece no, nella seconda puntata partono tutti armi e bagagli verso la periferia e il desolato isolamento di Terminus, una puntata di intermezzo totalmente fuori dal canone asimoviano.
Anche qui all’inizio, ci possiamo ancora stare: la puntata approfondisce un po’ i personaggi Hari Seldon  fa il saggio patriarca con assennati discorsetti motivazionali. Ci sono un paio di concessione al politicamente corretto decolonialista, ma sono ormai inevitabili in simili produzioni come le citazioni di Lenin in un discorso tenuto al Soviet Centrale dell’URSS.
Scopriamo di più anche di Gaal che è velocemente passata da spizzare allupata i deltoidi Raych a una vera e propria relazione. Vediamo il poveraccio sudare freddo messo nell’angolo mentre Gaal gli chiede di quanti figli vorrebbe. Stretto in un romantico abbraccio al tramonto che è l’equivalente della presa mortale di un anaconda gigante che non lascia speranze, il poveraccio prova a balbettare qualche dubbio, ma poi si accorge, in ritardo, come qualsiasi uomo, della furia omicida che balena negli occhi dell’amata e fa vigliaccamente marcia indietro. Risposta standard: non li farei con nessun’altra se non con te. Game over. Addio calcetto con gli amici, venduta la spider, ci si compra la monovolume.
A parte queste scenette, si torna a tratti su Trantor che nei libri è ormai un ricordo lontano: il triumvirato imperiale continua ad essere protagonista organizzando esecuzioni e distruggendo pianeti (scopiazzatura triste delle prove di collaudo della Morte Nera su Alderaan) mostrando la loro viscerale antipatia e spirito sanguinario.
Si continua così per parecchio, un’atmosfera a metà tra Star Wars e Galactica… sbadigliando un pochettino, accarezzando il gatto che mi ronfa in braccio.
Poi, “Così, de botto, senza senso” come dicevano su Boris, Gaal impegnata a nuotare prova una “strana” sensazione, corre nella stanza del buon Hari Seldon e lo trova coperto di sangue, accoltellato proprio da Raych. Gaal, urla, Gaal si dispera, Gaal osserva la scena, F4, basita, a questo punto Raych la trascina via come una bambolina balbettante (lei, la volitiva eroina), ancora lordo di sangue, fino a chiuderla dentro una capsula di evacuazione, (e dettaglio, la chiude dentro con il fatale, incriminante, coltello) e la espelle nel vuoto della periferia galattica (dopo scontata scenetta di addio strappalacrime). Ragazzo mio, se proprio non volevi sposarla ci sarebbero stati modi diversi per dirglielo.
Ma tranquilli, sempre “Cosi, de botto, senza senso” la nostra eroina non si trova nello spazio interstellare, ma in un affollata fascia di asteroidi perfettamente in stile Star Wars.
E qui la seconda puntata si chiude col più classico dei cliffhanger.
Giudizio? Voglio, fortissimamente astenermi ancora per un attimo, aggrapparmi alla speranza, ma è pura volontà la mia.
Vedremo, se la terza puntata comincerà, come temo, con una disperata, sincopata, gimcana tra gli asteroidi stile video gioco arcade, allora credo dovrò abbandonare anche le ultime speranze. 
In quel caso ci troveremo di fronte non ad una versione televisiva di Fondazione di Asimov, ma all’ennesimo crimine contro l’umanità e il buongusto perpetrato da sceneggiatori cresciuti nelle scuole di scrittura creativa californiane.
Benioff e Weiss avranno buona compagnia nel girone infernale che spero Satana riservi a chi compie simili delitti.

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